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Non è possibile qualificare come abnorme l´ordinanza con la quale il GIP, chiamato a decidere su una richiesta di archiviazione ex artt. 131-bis, cod. pen. e 411, comma 1-bis, cod. proc. pen., si è determinato a disporre l´archiviazione per una causa diversa rispetto a quella indicata dal PM, riconoscendo, a monte della configurabilità della particolare tenuità del fatto, l´infondatezza della notitia criminis
Rossana Tomeo
Con la sentenza in commento, la quinta sezione penale della Corte di Cassazione viene chiamata a pronunciarsi sul carattere abnorme dell’ordinanza del G.i.p. del Tribunale di Patti che, chiamato a decidere sulla richiesta di archiviazione per particolare tenuità del fatto (ex artt. 131-bis c.p. e 411, comma 1-bis, c.p.p.) relativa al reato di cui all’art. 392 c.p., ha invece disposto l’archiviazione per infondatezza della notitia criminis (ex art. 410 c.p.).
L’ordinanza del 20 marzo 2024 viene adottata dal G.i.p. del Tribunale di Patti in seguito all’opposizione della persona offesa alla richiesta di archiviazione per particolare tenuità del fatto formulata dal Pubblico Ministero. Destinatario di precedente richiesta di archiviazione, il medesimo G.i.p. aveva inizialmente configurato il fatto quale ipotesi di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose, ritenendo che la condotta dell’indagato (locatore), consistente nell’aver disdettato il contratto di fornitura dell’energia elettrica all’immobile detenuto dal locatario, moroso nella corresponsione del canone, rientrasse in quelle punibili ai sensi dell’art. 392 c.p. Per tale ragione, a questa prima richiesta di archiviazione era seguita ordinanza di imputazione coattiva.
Sulla base della documentazione prodotta dall’indagato in seguito all’opposizione della persona offesa alla seconda richiesta di archiviazione, il G.i.p. esclude invece che le condotte poste in essere dallo stesso possano essere sussunte nell’esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose ex art. 392 c.p., perché il locatore non ha disdettato il contratto di fornitura dell’energia elettrica ma si è limitato a non pagare le fatture a lui intestate, con conseguente risoluzione unilaterale del contratto da parte della società erogatrice, integrando una condotta omissiva non rientrante nel “mutamento di destinazione della cosa” richiesto dalla norma penale incriminatrice ai fini della configurabilità del requisito della violenza sulle cose. Pertanto, seppur chiamato a pronunciarsi sull’archiviazione per particolare tenuità del fatto, la dispone per infondatezza della notizia di reato.
A proporre ricorso in Cassazione avverso tale l’ordinanza, eccependo come unico motivo «l’abnormità strutturale e/o funzionale del provvedimento […] affetto da violazione di legge, in relazione agli artt. 392 cod. pen. e 410 cod. proc. pen., e da vizio di motivazione» è la persona offesa. A sostegno del ricorso la stessa aggiunge che sia il Pubblico Ministero che il Giudice avrebbero operato una lettura del fatto viziata anche da travisamento delle emergenze processuali, laddove una corretta ricostruzione fattuale, basata sulla verifica della consegna delle fatture dal locatore al locatario, avrebbe senz’altro integrato il delitto contestato, senza particolare tenuità, perché «espressione del “progetto illecito” del locatore»: non potendo quest’ultimo procedere allo sfratto data l’assenza di un contratto di locazione registrato, avrebbe di fatto costretto il locatario moroso a lasciare l’immobile in assenza dell’erogazione dell’energia elettrica, «qualificata dalle fonti internazionali quale “estensione del diritto alla vita”».
La Corte di Cassazione, dichiarando l’inammissibilità del ricorso, affronta il tema dell’abnormità dell’ordinanza del G.i.p. il quale, chiamato a pronunciarsi sull’archiviazione per particolare tenuità del fatto, la disponga invece per infondatezza della notizia di reato.
Il ragionamento parte dalla ricostruzione della categoria dell’abnormità dell’atto, creata dalla giurisprudenza per consentire di «rimuovere, con il rimedio del ricorso immediato per Cassazione, situazioni processuali extra ordinem, altrimenti non eliminabili (per la preclusione derivante dalla tassatività dei mezzi di impugnazione e delle nullità), che conseguono ad atti del giudice geneticamente o funzionalmente anomali, non inquadrabili nei tipici schemi normativi ovvero incompatibili con le linee fondanti del sistema»[1].
Riprendendo la sentenza delle SS. UU. n. 26 del 1999, viene precisato che è possibile distinguere l’abnormità di tipo strutturale, che connota quel «provvedimento che, per la singolarità e stranezza del contenuto, risulti avulso dall’intero ordinamento processuale»[2], e l’abnormità di tipo funzionale, che caratterizza il provvedimento che, «pur essendo in astratto manifestazione di legittimo potere, si esplichi al di fuori dei casi consentiti e delle ipotesi previste, al di là di ogni ragionevole limite»[3], comportando la stasi del procedimento, l’impossibilità di prosecuzione o la sua indebita regressione[4].
In secondo luogo, ripercorrendo la giurisprudenza sul punto, viene precisato che tale categoria non può essere strumentalizzata per aggirare il principio di tassatività dei mezzi di impugnazione, ma rappresenta un rimedio sussidiario[5] che opera esclusivamente al verificarsi del concorso di determinate condizioni minime[6]: la presenza di un vizio dell’atto non riconducibile né alla nullità né alla inutilizzabilità, l’impossibilità di far valere il vizio ricorrendo ad altri mezzi di impugnazione, la non inquadrabilità dell’atto nella struttura procedimentale. Sull’ultimo requisito la quinta sezione, richiamando precedenti pronunce delle SS. UU., precisa che l’atto non è inquadrabile all’interno della struttura procedimentale prevista dall’ordinamento quando «dia luogo ad una “indebita regressione del procedimento”, la quale costituisce un serio vulnus all’ “ordo processus”, inteso come sequenza logico - cronologica coordinata di atti, in spregio dei valori di rilievo costituzionale […] dell'efficienza e della ragionevole durata del processo»[7] oppure quando «determini una stasi procedimentale non altrimenti superabile»[8].
Delineata la categoria dell’abnormità dell’atto e individuate le condizioni affinché possa operare, la Suprema Corte giunge nel merito della questione escludendo, nel caso di specie, che l’ordinanza impugnata sia viziata da abnormità. Diverse sono le considerazioni addotte a sostegno della pronuncia, espresse con pregevole ricostruzione della giurisprudenza in materia.
Innanzitutto, richiamando la Sez. VI della Cassazione[9], si sottolinea la legittimità dell’archiviazione disposta dal G.i.p. a seguito di reiterata richiesta in tal senso da parte del magistrato del pubblico ministero, anche se in precedenza lo stesso G.i.p. aveva emesso ordinanza ex art. 409, comma 5, c.p.p., ordinando al P.M. la formulazione dell’imputazione. Disporre l’archiviazione a seguito di inottemperanza del P.M. è, infatti, una delle facoltà consentite al G.i.p., che può in alternativa sollecitare il P. G. presso la Corte di Appello ad avocare le indagini e ad esercitare l’azione penale[10].
In secondo luogo, si adduce che è da considerarsi legittima l’archiviazione disposta per infondatezza della notitia criminis anche se la richiesta è di archiviazione per particolare tenuità del fatto, perché «la verifica della fondatezza della notizia di reato si inserisce nella progressione delle questioni che il G.i.p. è tenuto a sciogliere prima di addivenire all'esame della particolare tenuità»[11]. La particolare tenuità del fatto presuppone, infatti, l’esistenza del fatto tipico e al contempo la sua non punibilità. Pertanto, l’accertamento dell’esistenza del fatto tipico costituente reato rappresenta «il presupposto necessario ineludibile del successivo apprezzamento volto a stabilire se il fatto (pur sussistente) sia tuttavia non punibile per la particolare tenuità»[12], e rientra nel controllo di legalità del giudice che, come affermato dalla Corte Costituzionale con numerose pronunce, «investe l’intera vicenda processuale e riguarda l'integralità dei risultati delle indagini, senza la possibilità di imporre limiti devolutivi in relazione alla domanda del p.m.»[13], in virtù del principio dell’obbligatorietà dell’azione penale.
Da ultimo, la Suprema Corte evidenzia la legittimità del provvedimento con cui il G.i.p. dispone l’archiviazione in seguito all’opposizione, alla luce degli elementi da questa emersi, dal momento che «il carattere prognostico dell'esito del giudizio di merito non limita la pienezza del potere decisorio del giudice in ordine alle valutazioni squisitamente giuridiche relative alla sussistenza del reato»[14].
La sentenza in esame, infine, dichiara l’inammissibilità del ricorso dal momento che, trattandosi di archiviazione disposta ex art. 410, comma 2, c.p.p., dunque per infondatezza della notizia di reato a seguito di opposizione della persona offesa, e non ex art. 411, comma 1-bis, c.p.p., quindi per particolare tenuità del fatto, la persona offesa avrebbe eventualmente potuto impugnare l’ordinanza con reclamo al Tribunale ex art. 410-bis, comma 3, c.p.p., che «costituisce il solo mezzo per impugnare il provvedimento di archiviazione».
[1]SS. UU., 20/12/2007, n. 5307, Rv. 238240.
[2]SS. UU., 24/11/1999, dep. 2000, n. 26, Magnani, Rv. 215094.
[3]Ult. cit.
[4]Ex multis, SS. UU., 10/12/1997, n. 17, in CED, Rv. 209603.
Per la necessità, ai fini della legittimazione a ricorrere, della sussistenza dell’interesse concreto all’annullamento dell’atto, legato alla rimozione degli effetti pregiudizievoli del provvedimento abnorme, cfr. SS.UU., 22/03/2018, n. 40984.
[5]Cfr. SS. UU., 16/12/2021, n. 10728.
[6]Cfr. SS. UU., 31/05/2005, n. 22909, in CED, Rv. 231162.
[7]Sul punto cfr. SS. UU. n. 5307 del 2007, cit.
[8]Cfr. SS. UU. n. 22909 del 2005, cit.
[9]Cass., Sez. VI, 31/01/2007, n. 8984, Rv. 235923.
[10]Cfr. Cass., Sez. IV, 25/11/2003, n. 15615, Rv. 227907.
[11]Cass., Sez. II, 13/09/2019, n. 41104, Rv. 277044.
[12]Ult. cit.
[13]Ult. cit.
[14]Il richiamo è a Cass., Sez. V, 12/07/2023, n. 32936, Rv. 284989, dove, con riferimento al rapporto tra giudice e magistrato del pubblico ministero, l’abnormità strutturale viene declinata quale “carenza di potere in astratto”; quella funzionale, quale “carenza di potere in concreto”.
Sezione: Sezione Semplice
(Cass. Pen., Sez. V, 26 settembre 2024, n. 36055)
Stralcio a cura di Vincenzo Nigro